Gestione TFR: conviene sia al dipendente che all’azienda
Quando si parla della gestione TFR nei fondi di previdenza complementare spesso si fa riferimento ai vantaggi che tale operazione comporta per l’aderente, ovvero il dipendente, tralasciando il fatto che questo tipo di gestione comporta vantaggi anche per il datore di lavoro.
In quest’articolo parleremo di:
Importanza ed esempi pratici di gestione TFR
Sempre più aziende iniziano a porsi il problema di come gestire la chiusura del rapporto lavorativo con i dipendenti e la conseguente necessità di liquidità per pagare il TFR accumulato negli anni.
Se negli anni passati l’accesso al credito bancario permetteva di reperire i capitali con più facilità, oggi se l’azienda non si organizza attraverso una programmazione di accantonamenti, si troverà in difficoltà al momento in cui dovrà liquidare i dipendenti che andranno in pensione, o che decidono di interrompere il rapporto lavorativo.
Ogni azienda accumula ogni anno un debito pari al 6,91% del reddito lordo di ogni dipendente (quota TFr) oltre alla rivalutazione economica (gli interessi che il datore di lavoro dovrà dare al dipendente al momento della liquidazione) pari all’ 1,5% fisso più il 75% del valore di inflazione.
Facciamo l’esempio della somma che il datore di lavoro dovrebbe liquidare ad un dipendente con un reddito lordo di 18.000 euro ipotizzando un tasso medio di inflazione del 2,5% per una rivalutazione complessiva del 3,38% dopo 20 anni di lavoro
Il dipendente maturerà una quota annua di TFR di 1.243 € (6,91% di 18.000) e una rivalutazione economica di 42€ se moltiplichiamo tutto per 20 anni il datore di lavoro si ritroverà a dover versare una liquidazione pari a 25.770€ di cui 24.860€ di quota TFR e 840€ di rivalutazione economica.
Vantaggi della gestione TFR
Perché allora il conferimento da parte del dipendente ad una gestione TFR sotto forma di previdenza complementare dovrebbe essere vista con favore dal datore di lavoro?
Primo: perché la quota tfr è un costo al quale il datore di lavoro non si può sottrarre ma che può gestire; è molto meno gravoso il versamento di un piano trimestrale o mensile rispetto alla liquidazione dell’intero capitale maturato ( la quota mensile di 1243 sono poco più di 100 euro euro mensili) in questo modo al momento della cessazione del rapporto avrà già liquidato quanto dovuto al dipendente.
Secondo: perché se il tfr è un costo inderogabile, attraverso l’ adesione alla previdenza complementare , potrà invece essere esonerato da alcuni costi ovvero, la rivalutazione economica pari all1,50%+75% del valore di inflazione, il versamento Al Fondo garanzia Inps pari allo 0,20% della retribuzione lorda, una riduzione degli oneri impropri pari allo 0,28% del monte stipendi.
Inoltre avrà una deduzione fiscale corrispondente allo 0,6% del TFR da accantonare. Se si fanno un po’ di calcoli ci si accorge che un bel risparmio, senza considerare che se per liquidare un dipendente il datore di lavoro dovesse ricorrere al credito non solo non avrebbe questa riduzione di costi, ma in più dovrebbe pagare anche gli interessi sul prestito.
C’ è poi un altro aspetto da considerare con riferimento al costo relativo alla rivalutazione economica. Se da una parte un datore di lavoro sa quanto dovrà aggiungere al tfr maturato (1,5%) una parte di questo costo è estremamente variabile e non prevedibile perché legata all’inflazione che è vero che negli ultimi anni è molto bassa ma se ci guardiamo indietro anche di non molti anni aveva valori importanti che comportano un maggiore esborso per il datore di lavoro.
Importanza del consulente patrimoniale in azienda
Alla luce di tutte queste valutazioni è evidente che la resistenza che ancora molti datori di lavoro hanno ad incoraggiare i propri dipendenti a conferire il proprio TFR ad una forma di previdenza complementare dovrebbe venir meno. La gestione TFR è vantaggiosa sia per il dipendente che per il datore di lavoro.
Diventa pertanto centrale la figura di un consulente patrimoniale che affianchi il titolare dell’azienda nella gestione di quello che è un debito, che, aumentando costantemente di anno in anno potrebbe creare grossi problemi all’azienda al momento della liquidazione, ma che può essere facilmente gestito con una conseguente rilevante riduzione dei costi.
Nasco ad Arezzo nel 1975 e mi trasferisco a Siena a settembre del 1994 dove mi laureo in Giurisprudenza. Dopo la laurea svolgo la pratica da Avvocato presso un importante studio ma capisco che, nonostante la passione per gli studi giuridici, la professione di avvocato non è la mia strada. Così entro nel mondo assicurativo e mi specializzo nel settore vita e previdenza.