PIR 2020, lo stato dell’arte.
Recentemente, soprattutto in seguito alla legge finanziaria 2020 che aggiorna per la terza volta le regole di emissione, si è tornato a parlare dei Piani Individuali di Risparmio (PIR). L’inclusione di una componente illiquida nei portafogli degli investitori costituisce la grande sfida del risparmio gestito nel mondo a tassi zero, sul cui asse è stata costruita l’edizione 2020 del salone del risparmio e che nel dopo-covid rimarrà ancora un riferimento fondamentale per gli investimenti.
Come scrive il direttore generale di Assogestioni Fabio Galli sull’editoriale di Focus Risparmio di Giugno 2020, il “passaggio di stato” verso le componenti illiquide è un vero e proprio movimento tellurico che richiama alla mente l’inclusione delle azioni nei portafogli degli italiani, quasi un cambio di paradigma, iniziato venti anni fa quando generazioni di risparmiatori vissuti di soli titoli di stato ancora la consideravano troppo rischiosa.
PIR, cosa sono?
Introdotti nell’ordinamento italiano con la legge di stabilità del 2017 con lo scopo di aumentare gli investimenti nelle aziende italiane mediante il risparmio delle persone fisiche, i PIR sono piani di risparmio a lungo termine. Nel dettaglio, si tratta di un “contenitore fiscale” (OICR, gestione patrimoniale, contratto di assicurazione, deposito titoli) all’interno del quale i risparmiatori possono collocare qualsiasi tipologia di strumento finanziario o somma di denaro purché vengano rispettati i seguenti vincoli di investimento (secondo normativa “PIR 1”):
- almeno il 70% del patrimonio deve essere composto da strumenti finanziari emessi da società italiane ed estere (UE e SEE) con stabile organizzazione in Italia. Di questo 70% almeno il 30% (che equivale al 21% del valore complessivo degli investimenti del PIR) deve essere investito in strumenti finanziari emessi da società italiane ed estere (UE e SEE) con stabile organizzazione in Italia non inserite nel FTSE MIB;
- il 30% del patrimonio può essere investito in qualsiasi strumento finanziario (ivi compresi i depositi e c/c);
- il patrimonio non può essere investito per una quota superiore al 10% del suo valore complessivo in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso emittente o con altra società appartenente al medesimo gruppo o in depositi e conti correnti.
E’ possibile realizzare quindi un piano di risparmio anche semplicemente mediante la sottoscrizione di quote di un OICR, istituito in Italia o in uno stato membro dell’UE o in uno stato aderente allo spazio economico europeo, che rispetti i vincoli stabiliti dalla normativa italiana.
Caratteristiche oggettive
- Il PIR gode di un’agevolazione fiscale che consiste nell’esenzione da tassazione dei redditi, qualificabili come redditi da capitale o come redditi diversi di natura finanziaria derivante dagli investimenti effettuati nel PIR. Destinatari dell’agevolazione fiscale sono solo ed esclusivamente le persone fisiche.
- Ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio.
- Può essere titolare di un PIR anche un minorenne; tuttavia, poiché i redditi del minore sono soggetti all’usufrutto legale dei genitori, il regime di non imponibilità si applica solo nel caso in cui il genitore usufruttuario non sia contemporaneamente titolare di un altro PIR.
- Ciascuna persona fisica non può investire nel PIR più di € 30,000 all’anno ed entro un limite complessivo di € 150,000 raggiungibile in cinque o più anni.
- La soglia minima di investimento è di € 500 non frazionabili.
- I redditi prodotti dal piano non devono essere necessariamente prelevati ma, qualora reinvestiti, rilevano ai fini del raggiungimento dei limiti.
- Per usufruire del vantaggio fiscale il PIR deve essere detenuto per almeno 5 anni. In caso di mancato rispetto del limite temporale o dei limiti alla diversificazione e alla concentrazione degli investimenti sono dovute le ordinarie imposte sui redditi percepiti dall’investitore.
- Il PIR è legato al suo intestatario, non può essere trasferito e alla sua morte si chiude. Tuttavia, nel caso in cui il titolare del PIR muoia prima dei 5 anni, proprio perché il piano si interrompe per una causa imprevista, gli eredi mantengono il diritto all’esenzione, anche prima dei 5 anni. Inoltre, se l’erede è uno solo, può trasferire i titoli in un suo PIR.
Evoluzione normativa
La normativa sui PIR è stata oggetto di revisione con il decreto attuativo pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio 2019. “PIR 2” differisce dalla normativa precedente, entrata in vigore nel gennaio 2017 e conclusa a dicembre 2018 (chi non ha sottoscritto quote di questi fondi entro il 31 dicembre ricade nella normativa successiva) per il fatto che i gestori hanno ora l’obbligo di investire il 3,5% degli assets in PMI (quotate e non quotate) e il 3,5% in venture capital.
La somma è del 7% su un tetto del 10% di assets non liquidi che la normativa UE sui fondi aperti ammette. La legge non è retroattiva, quindi i PIR creati prima del 1° gennaio 2019 beneficiano ancora delle vecchie regole. Chi li ha già in portafoglio potrà continuare ad investire su di essi. Infine, con “PIR 3”, la legge finanziaria 2020 aggiorna per la terza volta le regole per le emissioni dei PIR, cancellando ciò che di male era stato fatto con la normativa precedente, che di fatto aveva bloccato le emissioni del 2019 per via dei vincoli eccessivi. Per le emissioni dei PIR dal 2020 è dunque stabilito che:
- la quota del 70% riguardi strumenti finanziari anche non negoziati su mercati regolamentati o MTF emessi da imprese radicate sul territorio nazionale (invariato);
- almeno il 25% di tale 70% sia investito in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB, FTSE Mid cap o equivalenti (novità);
- almeno un ulteriore 5% in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle dell’indice FTSE MIB, FTSE Mid Cap o equivalenti (novità);
- inoltre, casse previdenziali e fondi di investimento potranno detenere più di un PIR nel limite del 10% del patrimonio e non si prevedono obblighi di investimento in quote o azioni di fondi per il venture capital.
Restano salve le regole originarie del 2017 e le modifiche del 2019 in quanto compatibili, mentre per le emissioni del 2019 continuano ad applicarsi le norme della legge di bilancio 2019. La norma recente sembra convergere verso i desiderata del mercato, posto che almeno il 25% del 70% (contro il vecchio 30%) deve essere investito fuori dall’ambito delle grandi imprese italiane quotate; almeno un ulteriore 5% va indirizzato verso imprese fuori sia dal FTSE MIB che dal FTSE Italia Mid Cap, che riguarda le imprese quotate a media capitalizzazione.
Il 25%, quindi, può anche riguardare imprese del FTSE Italia Mid Cap, mentre l’ulteriore 5% deve essere fuori da entrambi. Appare evidente, in questo contesto, la canalizzazione verso piccole e micro imprese e in generale verso l’AIM.
Decreto Rilancio del 19 Maggio 2020, l’introduzione dei PIR alternativi
Arriviamo alle ultime importanti novità: l’art. 136 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. “decreto Rilancio”) introduce nel nostro ordinamento i PIR “alternativi”, che si affiancano ai PIR “ordinari” e hanno lo scopo di investire in segmenti di mercato più illiquidi, non adatti quindi alla natura di questi ultimi piani.
I PIR ordinari hanno come obiettivo principale quello di indirizzare il risparmio delle famiglie, concentrato principalmente in liquidità e titoli di Stato, verso strumenti finanziari di imprese italiane secondo un approccio di prudenza e diversificazione del rischio. Quelli alternativi si inquadrano nella disciplina generale dei PIR ordinari, ma con una funzione complementare. Per questo motivo la regola sull’unicità del PIR ha subito una modifica: ciascuna persona fisica può essere titolare contemporaneamente sia di un PIR ordinario che di un PIR alternativo, ferma restando l’unicità della titolarità del piano.
I PIR alternativi presentano, tuttavia, alcune differenze che riguardano l’oggetto dell’investimento “qualificato”, il limite di concentrazione degli investimenti e l’entità delle risorse che possono essere destinate nel piano medesimo.
Si tratta di differenze che rendono il PIR alternativo adatto a convogliare in maniera consistente gli investimenti verso imprese di minori dimensioni e società non quotate.
PIR alternativi: requisiti
In particolare, per quanto concerne l’oggetto dell’investimento qualificato, i PIR alternativi devono investire, per almeno i due terzi dell’anno solare di durata del piano, non meno del 70% del valore complessivo del piano:
- in strumenti finanziari emessi da imprese quotate italiane o estere residenti nella UE o SEE ma con stabile organizzazione in Italia, diverse da quelle inserite negli indici FTSE Mib e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati esteri (percentuale che nei PIR ordinari ammonta attualmente al 3,5% del valore complessivo del piano);
- in strumenti finanziari emessi da imprese non quotate italiane o estere residenti nella UE o SEE con stabile organizzazione nel territorio dello Stato;
- in prestiti erogati alle predette imprese;
- in crediti delle medesime imprese;
- proprio in ragione della natura non liquida degli investimenti, il limite di concentrazione in prodotti emessi da una stessa impresa o da altre imprese appartenenti al medesimo gruppo è stato elevato dal 10% al 20%;
- circa l’entità delle risorse che possono essere destinate nel piano, tenuto conto del rischio più elevato e della complessità insiti nei predetti investimenti, adatti ad una categoria di investitori con una rilevante capacità patrimoniale, i limiti delle somme o valori destinabili ai PIR alternativi sono stati aumentati rispetto a quelli previsti per i PIR ordinari: 150.000 euro all’anno (anziché 30.000) fino ad un massimo di 1.500.000 euro (anziché 150.000).
I PIR alternativi possono costituire oggetto di investimento agevolato anche per gli enti di previdenza obbligatoria e le forme pensionistiche complementari che possono destinarvi fino al 10% dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente. Al pari dei PIR ordinari, sono dei contenitori che possono assumere qualsiasi forma purché rispettino i vincoli di investimento stabiliti dalla normativa.
Conclusioni
A fine 2019 i PIR conformi alla normativa sono 69. Le masse in gestione sono 18,7 miliardi di euro e rappresentano circa il 2% del mercato italiano dei fondi aperti.
L’obiettivo della normativa, in attesa della legge che la renderà attuativa, appare duplice: convogliare un asset importante del nostro Paese, qual è il risparmio privato, nelle Pmi e ridurre la “bancocentricità” del nostro sistema.
Il consulente patrimoniale ha il compito di trasferire, in funzione degli obiettivi di ciascun risparmiatore, il principio secondo cui per ottenere un significativo valore aggiunto dai propri investimenti bisogna riservare una fetta del portafoglio ai mercati privati per un periodo di tempo medio-lungo.
Caratteristica dei prodotti alternativi è quella di poter investire in assets molto vari su segmenti di mercato meno liquidi, di poter sfruttare la leva finanziaria e di godere di forme più flessibili e articolate di sottoscrizione e riscatto. Requisiti che esaltano il lavoro dei fund manager, che possono sfruttare appieno la gestione attiva e votata alla generazione di margini e all’estrazione di valore per i clienti. Le soluzioni proposte spaziano dal venture capital al private equity, a patto che la bussola rimanga orientata sull’orizzonte del lungo periodo.
Il ruolo dell’industria per lo sviluppo del nuovo PIR sarà dunque determinante. Soprattutto in un momento come quello attuale in cui la fuga dai mercati per la pandemia è stata tangibile.
Laurea specialistica in Economia e Management delle Istituzioni e dei Mercati Finanziari presso l’Università commerciale Luigi Bocconi di Milano. Divisional Manager. Responsabile della selezione e dello sviluppo della rete per il Nord Italia presso ULNLIFE SPA.